Agro della Bonifica di Alghero: un rebus da risolvere

Come portavoce del Movimento Cinque Stelle Alghero siamo fermamente convinti che la precipua funzione agricola dell’agro della bonifica vada salvaguardata, contro ogni possibile speculazione. Crediamo questa sia un’opinione comune e condivisa, come riportato tra l’altro a chiare lettere anche nel testo del Piano in discussione. In tal senso, l’obiettivo delle azioni da promuovere dovrebbe essere lo stimolare l’attività agricola nelle sue diverse forme, in modo da generare in via consequenziale economie e lavoro, evitando l’abbandono delle campagne e dando il via alla produzione di specialità locali. Il tutto contribuendo a definire al meglio la connotazione tipica del territorio della bonifica algherese.

Oggi d’altronde è in fase di discussione il “Programma di conservazione e valorizzazione dei beni paesaggistici della bonifica di Alghero” [link], e le considerazioni sopra riportate sono ancora più pertinenti e attuali. Se però da una parte il tema della  “conservazione” è di semplice definizione, per quanto riguarda la “valorizzazione” si aprono invece scenari diversi e spesso contrastanti, a seconda dell’interpretazione e della visione che ciascuno ha del futuro del nostro territorio.

Gli indirizzi progettuali che il Piano promuove sono esplicitati in maniera chiara nelle premesse:

  • preservare destinazione agricola dei fondi e dimensione produttiva;
  • arginare la diffusione dell’insediamento nell’agro, limitando l’edificazione ai soli casi dei fabbricati a stretto servizio dell’azienda agraria;
  • recuperare, ristrutturare e riqualificare il patrimonio edilizio esistente e gli edifici di valore storico;
  • valorizzare il paesaggio della bonifica, cercando di coniugare interventi di riqualificazione con azioni volte al ripristino della funzione produttiva anche in prospettiva di ammodernamento delle aziende e accesso agli incentivi comunitari;
  • incentivare azioni e opere che consentano la riqualificazione energetica dei manufatti residenziali e produttivi, la conservazione delle risorse idriche e la mobilità ciclo-pedonale, in vista di una evoluzione verso un paesaggio sostenibile e innovativo.

A questa visione, fortemente improntata sull’uso agricolo del suolo, in un’ottica di miglioramento e ammodernamento delle aziende agricole che mira ad “arginare la diffusione dell’insediamento nell’agro”, il Movimento Cinque Stelle non potrebbe che essere favorevole. Ma leggendo il Piano nel suo complesso, scorrendo i successivi articoli della norma, non si può non notare che l’auspicabile indirizzo iniziale sia stato quantomeno travisato nello svilupparsi del testo.

A fronte di una norma generale, letta in premessa, volta alla tutela dell’agro con lotto minimo di 4 ettari e indice edificatorio residenziale di 0,01 metri cubi a metro quadrato di terreno – che consentirebbe comunque la realizzazione di una casa di 130 mq su un lotto di 4 ettari -, ci si scontra poi (articolo 18) con il sistema delle premialità, che in base a semplici ipotesi aziendali o ad atti di vincolo non meglio precisati, permettono di triplicare la potenzialità edificatoria residenziale, contravvenendo essenzialmente a quell’argine che inizialmente si voleva porre. Viceversa, a nostro avviso, il vincolo dei 4 ettari potrebbe essere superato per la costruzione del deposito attrezzi – 25 mq e 2,40 m altezza, comunque inabitabile – in modo da offrire la possibilità, anche ai possessori di piccoli lotti, di disporre di un ricovero per gli attrezzi.

Scorrendo le norme di attuazione del Piano, saltano all’occhio altri importanti interrogativi ricollegabili, rispettivamente: all’indeterminata fideiussione bancaria a garanzia del progetto proposto, prevista peraltro solo in questa porzione di territorio; alla mancata previsione di un tempo minimo di iscrizione alla Camera di Commercio come imprenditore agricolo (a Sassari è stato fissato a tre anni di fatturato); all’imposizione di un vincolo sul mantenimento dei frangivento, anche infrapoderali, che potrebbero ostacolare le stesse coltivazioni; alla predeterminazione di forme e dimensioni degli edifici produttivi.

Il Movimento Cinque Stelle sostiene inoltre che le premialità per chi esegue “opere per il restauro e il ripristino del patrimonio edilizio storico, per le azioni finalizzate alla ricostituzione della dimensione originaria dei fondi, per i progetti di valorizzazione delle produzioni agricole e zootecniche di qualità finalizzate alla salvaguardia e tutela delle valenze ecologiche ed ambientali (biologico, biodinamico, risparmio idrico, riciclo, ecc.)” debbano essere legate alla produzione agricola e alla sua commercializzazione, perciò si potrebbero ipotizzare agevolazioni sui tributi locali, tariffe specifiche e spazi riservati nei mercati cittadini.

Grave punto di domanda è poi legato ai possibili cambi di destinazione d’uso. L’articolo 83 comma 5 del PPR prevede infatti che “per i manufatti esistenti non più necessari alla conduzione agricola del fondo il piano urbanistico può consentire la modifica di destinazione d’uso senza incrementi volumetrici”. Il nostro Piano, all’articolo 15, riporta quindi che “nel caso [i manufatti produttivi, ndr] non siano più funzionali all’attività agricola è possibile la rifunzionalizzazione con cambiamento di destinazione d’uso”. Scelta che non può non destare grande preoccupazione per le finalità speculative che può generare, distorsione che, qualora si manifestasse, causerebbe un danno enorme alla stessa vocazione agricola dell’agro. Per i manufatti produttivi l’indice di edificabilità sale a 0,2 metri cubi a metro quadro, equivalenti a 8000 metri cubi per un terreno di 4 ettari. Indice che avrebbe senso in caso di immobili utilizzati come fienili, stalle, ricoveri attrezzi e macchinari, o per opifici funzionali alla lavorazione dei prodotti, ma che in caso di cambio di destinazione d’uso consentirebbe agli stessi immobili di essere riconvertiti ad uso residenziale. Su questo non si transige: la destinazione d’uso non deve essere modificabile, ma rimanere funzionale e vincolata alle produzioni agricole.

A pensar male spesso ci si azzecca: per uno speculatore, come un orso di fronte a un barattolo di miele, l’opportunità di realizzare immobili da riconvertire poi per fini che nulla hanno a che fare con la tanto declamata vocazione agricola, è infatti decisamente appetibile.